14 febbraio 2024

Intervista a Valentina Pozzi

L’energia che emana è speciale, la sua capacità di connettere le persone e di aggregarle in progetti artistici lo è altrettanto. Valentina Pozzi, classe ‘83, comincia la sua carriera nel mondo del cinema producendo con RAI cinema e Mikado, “Sangue. La morte non esiste” del regista Libero De Rienzo. Vanta collaborazioni con brand come L’Oreal, Arri e ha partecipato alla produzione di opere con artisti come David Cronenberg, Michael Nyman e Peter Greenaway. Collabora con Sony ed Universal e ha prodotto e diretto videoclip con artisti italiani (Niccolò Fabi, Boosta, Willie Peyote, Bianco, Fusaro, Leo Pari, Demonology), alcuni riconosciuti con premi del Roma Film Festival sezione cinema. Imprenditore nel settore food e beverage da ormai una decade, ha fondato il Barbiturici, locale-locanda nel cuore di Torino. In seguito alla sua attività sportiva dilettantistica ha fondato l’Atletico Barbiturici, asd di aggregazione sportiva arcobaleno, la stessa è stata fotografata dalla fotografa Chiara Mirelli per le riviste Vogue America ed Elle Canada. Attualmente è impegnata nella produzione di un Outdoor festival per il 2024.

Ospite del Salotto di Mao, per inaugurare una nuova residenza nel 2024 al Carlina Restaurant & Bar di NH Collection Torino Carlina, abbiamo conversato con Valentina Pozzi di creazione artistica, emozioni, visioni e fermento creativo. Torino, una città-laboratorio, sempre sullo sfondo.

La fortuna di fare il tuo mestiere – regista, produttrice, imprenditrice con un bar fuori dagli schemi come Barbiturici – è anche farlo circondata da amici. Che cosa significa per te questa esperienza artistica di condivisione con persone che si stimano e si vogliono bene tra loro?

«La condivisione è sostanzialmente l’unica modalità che conosco e che ho deciso di adottare nella mia vita ed è un booster che è in grado di tirare fuori dalle persone sempre nuove modalità, idee ma soprattutto rispetto reciproco. Applico alla mia attività imprenditoriale e registica lo stesso concetto di troupe cinematografica che diventa sempre famiglia».

Nella tua carriera come regista hai lavorato molto in ambito musicale, sempre cercando di portare il tuo mondo, o comunque un altro punto di vista, nel mondo dell’artista per il quale andavi a costruire un’altra narrazione visiva della canzone. Puoi fare qualche esempio?

«Fare i videoclip delle canzoni è molto difficile e credo si debba avere un grandissimo rispetto per la base di tutto, per la parola. Nella mia esperienza personale cerco sempre di dare un valore aggiunto ad una cosa che è già giusta così, un altro piccolo punto di vista che magari si concentra su qualcosa altro non necessariamente citato ma ipotizzato. Cerco di non essere didascalica perché trovo noioso vedere ciò sento ma cerco sempre, in maniera delicata di portare anche qualcosa di me. Non a caso spesso nei miei video ci sono i miei cani, oppure degli oggetti che soni rappresentativi della mia vita personale, è una modalità di riconoscimento per me stessa ed è anche un modo per spostare l’attenzione su qualcosa di non troppo scontato».

Il tuo videoclip di “Andare oltre” di Niccolò Fabi ha ricevuto il Premio Speciale Roma Videoclip alla Festa del Cinema di Roma. Mi ha sempre colpito che in tutte le immagini non c’è mai alcuna traccia umana, solo natura, totalmente, senza persone, neanche dei puntini lontani. Com’è nata questa visione?

«La prima volta che ho ascoltato “Andare Oltre” mi ha dilaniata in due, con l’ascolto di Niccolò non si può far altro che chiudere gli occhi e farsi trasportare. Sono convinta che certe cose non abbiano bisogno di sovrastrutture e volevo che lo spettatore guardasse oltre, anche con lo sguardo. Non c’è presenza umana perché quello del decidere di andare oltre è un momento di catarsi personale, un viaggio in solitaria che si deve fare per comprendere, e poteva essere accompagnato solo da un Volo infinito e da qualcosa di bello e decadente che potesse essere in grado di riportare ad uno stato primordiale di ricomposizione personale».

Che tipo di scelte hai fatto come produttrice per restare coerente con il tuo percorso?

«Più che come produttrice direi come regista. L’importanza della negazione porta a tante altre cose. Sono libera di scegliere e questa cosa è impagabile e mi rende consapevole e desiderosa di fare ciò che devo senza troppe pressioni».

Boosta, tastierista e cofondatore dei Subsonica, la band simbolo di Torino, ha detto di recente, per la presentazione del loro decimo album, che «oggi è proprio nell’arte visiva che in città si respira quel fervore vivace e libero che negli anni ‘90 c’era nella musica». Sei d’accordo?

«Ormai vedo account Instagram che sono opere d’arte quindi globalmente credo che il livello si sia davvero alzato. Per quanto riguarda Torino credo che non sia così, ho l’impressione che visivamente siamo finiti in un circolo vizioso fatto di abitudini».

A proposito di Boosta, nel videoclip del suo ultimo brano da solista, “The 1st graft”, che hai diretto, i tagli di luce, le inquadrature sghembe, e poi le coccole a Banana, il tuo cane, trasmettono emozioni intense, tangibili, lasciando emergere stati d’animo che spaziano dalla malinconia all’allegria. Quanto ti rappresenta, come regista, questo video?

«Mi rappresenta tantissimo perché non ha la velleità della tecnica, perché è carnale ed emotivo ma soprattutto perché è come un laghetto di montagna, molto trasparente, ha poche sovrastrutture ed è altalenante come la vita di chiunque tutti i giorni. Boosta ha sempre un occhio di riguardo per me e mi concede sempre di fare ciò che voglio e il rapporto che ha con il mio cane era sicuramente da immortalare».

Photo credits: Alberto Nidola